giovedì 16 aprile 2020

Jennifer Jones

Jennifer Jones


Zigomi alti, grossi occhi neri, attrice dall'espressione sognatrice e romantica,  il suo viso è inconfondibile, malgrado fosse americana, ha dato il volto ha molte eroine inglesi. Forse per i suoi tratti classici come una damina uscita da una miniatura londinese. E adesso ve ne parlo.



Nata a Tulsa in Oklahoma, il 2 marzo 1919 come Phyllis Lee Isley, Jennifer Jones già giovanissima vince un Oscar come attrice protagonista per "S. Bernadette", accanto a Linda Darnell, che interpreta la Santa Vergine nelle Sue apparizioni alla giovinetta Soubirous.



Dopo un primo matrimonio con l'attore Robert Walker, diventa la moglie di uno dei più celebri produttori e registi di tutti i tempi: David O. Selznick.
E già con il film "La volpe" impersona un'eroina inglese di origini gitane, che sposa un pastore anglicano, ma senza amore.


Prosegue con le protagoniste britanniche nel film "Tra le tue braccia" nel ruolo della cameriera con la passione da stagnina Cluny Brown. Accanto a lei l'affascinante attore francese Charles Boyer e il buffo interprete inglese Richard Haydn.



Protagonista di uno dei più grandi cult strappalacrime come "L'amore è una cosa meravigliosa" accanto a William Holden! 



Spesso i suoi ruoli si dipingono in eroine sognatrici, buone e romantiche, spesso drammatiche come pure un cult: "Addio alle armi" dal romanzo di Hemingway, al fianco di Rock Hudson, che lei sa interpretare con bravura quasi commovente e disarmante credibilità! Come ne"Gli amanti del sogno" con Joseph Cotten, recitato ancora da giovanissima, sempre nei panni di un'eroina inglese, Victoria, chiamata Singleton. Ossia lei, che dal fronte riceve quelle che crede essere lettere d'amore del suo fidanzato Roger; quindi, se ne innamora sempre più, ma in realtà sono del suo commilitone, Alan Quinton (il bel Joseph Cotten), che, come un Cyrano le scrive in sua vece, perché Roger, oltre che essere negato, sembra anche piuttosto menefreghista.
Risultato, quando lui torna in Inghilterra, scopre non solo che il suo ex compagno d'armi ha sposato questa fantomatica Victoria, ma che è pure morto ucciso e pare che lei sia stata accusata dell'omicidio. Sentendosene responsabile per aver scritto quelle lettere "galeotte" alle nozze, Alan conosce ad una festa una certa Singleton. Giovane, bella e dolce e se ne innamora a prima vista. Ma scopre che lei altre non è che Victoria. Soltanto che lo shock della morte del marito le ha causato un'amnesia. E lei ricorda solo che il suo nome è Singleton, un nomignolo con cui la chiamavano in orfanotrofio. Prima di essere adottata da una zia Beatrice (interpretata dalla tanto austera quanto brava Gladys Cooper) che l'ha sempre adorata ed è l'unica a sapere ciò che è realmente accaduto, ma ha perso la parola sempre per lo shock. 
Ma Alan decide lo stesso di sposare Victoria e fare in modo che man mano riaffiori la verità, che sarà sorprendente come il fatto che Roger era un marito violento, ubriacone e traditore. E anche per lei lo scoprire chi era in realtà l'autore di quelle meravigliose lettere d'amore.




Mancata alla veneranda età di 90 anni! E per me lei ha il volto della mia poetessa preferita in uno dei film più romantici come: "Il grande amore di Elisabetta Barrett"(remake di una prima versione in bianco e nero con Norma Shearer e Charles Laughton), che narra la nascita dell' amore di questa splendida poetessa inglese per il suo collega e futuro marito Robert Browning, nato dapprima solo a livello epistolare, perché lei inferma a causa di febbri reumatiche e succube di un padre possessivo e morboso, tiranno e cattivo con tutti i suoi altri fratelli. Che la preferiva immobile in un letto piuttosto che lei sfuggisse alla sua egoistica tirannia! 




E di come l' amore di Robert le riporti la vita in tutti i sensi! Con la commovente simbiosi con il suo cocker spaniel Flush, effettivamente ritratto spesso nei quadri che immortalano la scrittrice. Virginia Woolf ne aveva scritto un libro, intitolato proprio "Flush", raccontando la vita della Barrett vista attraverso gli occhi del suo inseparabile cagnolino.




Jennifer, già non più giovanissima, dà ancora una volta prova del suo talento e della sua immedesimazione nel suo personaggio, quasi nel trasformarcisi!




"Stazione Termini" è un film interamente ambientato nella ferrovia Centrale romana e lei è accanto a Montgomery Clift e a Paolo Stoppa.


Come già anticipato, muore novantenne il 17 dicembre 2019.


Sguardo da sognatrice, dicono di lei che avesse un carattere fragile, ma forse questo le ha permesso di essere tanto empatica con quelle eroine di cui ha vestito i panni e che, molte volte, hanno sofferto. E Jennifer Jones aveva davvero il dono della trasformazione ed è per questo che rimarrà per me mitica!




Nessun commento:

Posta un commento