sabato 25 aprile 2020

Audrey Hepburn

Audrey Hepburn



Icona di eleganza, i suoi occhi da cerbiatta sono diventati un simbolo. Eppure, questa splendida attrice non ha avuto un'esistenza facile, ma ha trovato comunque il modo di donarla al prossimo.


Nata in Belgio, a Ixelles, il 4 maggio 1929, di origini però britanniche (tra i suoi avi c'è re Edward III d'Inghilterra), studia danza per diversi anni. La sua infanzia, tuttavia, si divide tra Gran Bretagna e il regno fiammingo durante l'occupazione tedesca nella seconda guerra mondiale. E soffre di denutrizione, un po' la dieta imposta dalla danza e un po' per il conflitto che affliggeva il mondo. Rompe, poi, ogni rapporto con il padre quando scopre le relazioni filonaziste di costui. 
Ne avrà però compassione quando scoprirà che lui vive a Dublino in miseria e lo aiuterà finanziariamente.


Approda al cinema e subito viene assegnata al ruolo della protagonista nella commedia "Arianna", al fianco a due giganti. Uno del cinema americano: Gary Cooper e l'altro di quello principalmente francese, oltre che hollywoodiano: Maurice Chevalier.



Per incontrare un altro mostro sacro come Gregory Peck in un cult, ambientato in Italia. Lei è nei panni di una principessa, panni che le stanno a pennello; il titolo del film è " Vacanze romane", dov'è famosa sia la scena della gita in Vespa che quella davanti alla bocca della verità, dove Gregory Peck finge di perdere la mano, facendo spaventare a morte lei.
Anche se in primis la Paramount voleva scritturare Elizabeth Taylor.
Tuttavia, con questa pellicola, Audrey si aggiudica un Oscar come attrice protagonista.



Nel 1952, ad una festa, Audrey conosce uno degli uomini della sua vita: Mel Ferrer. Lei era già una sua ammiratrice, avendolo apprezzato molto nel film "Lil".
Beh, l'attore non può non restare a sua volta affascinato da questa bellissima giovane, che, malgrado piuttosto magra, ha un portamento regale e questi enormi e carismatici occhi neri.
I due si sposano e hanno un figlio, Sean. Girano insieme "Guerra e pace", Audrey nella parte principale di Natascia. E Mel quella del principe Andrej. Accanto a loro Henry Fonda nel ruolo di Pierre.




Con suo marito, Audrey recita anche in una versione di "Mayerling", nelle rispettive parti del principe Rodolfo e di Maria Vezzera nella loro tragica storia d'amore.


Nello stesso periodo, l'attrice viene scelta per un altro cult, accanto ad altri due pezzi da novanta: Humphrey Bogart e William Holden. Il film è "Sabrina", di cui è stato fatto un remake con Julia Ormond e Harrison Ford negli anni novanta.
Anche se io preferisco la prima versione.



Lei, timida figlia dell'autista di una ricca famiglia, da sempre innamorata del più giovane dei due figli di questa casata, il bello e biondo David, si reca a Parigi per seguire un corso di cucina.
Quando torna in America è completamente cambiata: più donna, più sofisticata, più bella. Tanto da far perdere la testa al suo David (William Holden), che vuole mandare a monte il suo fidanzamento con la ricca promessa sposa Elizabeth (qui con il volto della bellissima Martha Hyer).
Quindi, la famiglia Larrabee è tutta scombussolata in proposito. Interviene allora il fratello più anziano, Linus, interpretato dall'affascinante Humphrey Bogart, il quale deve cercare prima di distrarre la bella Sabrina da David e poi... liquidarla con una proficua e indolore sommetta. Peccato che pure lui finisce con l'innamorarsi di lei. E che anche la ragazza capisce che quella per David altro non era che una cotta giovanile. Per Linus invece è qualcosa di più serio.



Come Grace Kelly, Audrey Hepburn diventa uno stile di moda. Ancor più quando lancia il tubino nero, l'acconciatura a turbante e il bocchino per sigaretta un po'in tema anni '20 nell'ennesimo film cult: "Colazione da Tiffany" accanto ad un bellissimo George Peppard (capo John Hannibal della roccambolesca "A-TEAM") ed una già matura Patricia Neal.
La critica all'epoca non lo aveva molto apprezzato. Più che altro perché, come il pubblico, ha visto dissacrante attribuire ad una genuina e fresca ragazza all'acqua e sapone come Audrey Hepburn Ferrer il ruolo da in pratica prostituta d'alto bordo come quello di Holly, la protagonista della vicenda.


Film che vince l'Oscar per "Moon River", la meravigliosa ballata di Henry Mancini, con cui la Hepburn si accompagna alla chitarra. E verrà ufficialmente cantata come colonna sonora dal cantante e attore Andy Williams.
A lei però vale una nomination oltre che per il rinomato premio hollywoodiano, anche per il Golden Globe.



Specialmente forse aveva un po' fatto scalpore, perché poco tempo prima lei aveva girato "La storia di una monaca", accanto a Peter Finch.




La Walt Disney production comunque la prende a spunto per disegnare il fisico asciutto e longilineo della principessa Aurora/Rosaspina de "La bella addormentata nel bosco".
È protagonista di "Cenerentola a Parigi" al fianco di Fred Astaire.




Nella vita, però, Audrey Hepburn divorzia da Mel Ferrer e diventa ambasciatrice dell'UNICEF (accadrà nel 1988), che come per Liz Taylor a favore della battaglia contro l'AIDS, le vale il secondo Oscar per impegni umanitari.


Sposa un italiano, un certo Andrea Dotti, un medico. Mentre al cinema affianca prima un pezzo d'uomo come Cary Grant in "Sciarada", Rex Harrison in "My fair lady" (tratto dal musical teatrale con sempre Rex Harrison e Julie Andrews) e Peter O'Toole in "Come rubare un milione di dollari e vivere felici" .



Gli anni passano, lei invecchia, ma i suoi grandi occhi gentili le fanno attribuire il ruolo di lady Marian in "Robin e Marian" al fianco di Sean Connery. E poi quello dell'angelo in un film di Steven Spielberg "Always - Per sempre" accanto a Richard Dreyfus e Holly Hunter.



Infine, il dedicarsi ai suoi figli e ai bambini dell'Africa diventa più importante per lei degli sfarzi di Hollywood.
Fino a quando un tumore ce la porta via nel 1993,  il 20 gennaio, in Svizzera.



Tra le attrici più premiate al mondo, tra le più belle ed eleganti nella sua sofisticata semplicità, con i suoi grandi occhi e i suoi solari sorrisi, Audrey Hepburn rappresenta la grandezza non soltanto per Hollywood, ma anche per la sua generosità e l'enormità del suo cuore che ha saputo donare, donare Always-Per sempre!







martedì 21 aprile 2020

Joseph Cotten

Joseph Cotten


Grandi e angelici occhi blu, aspetto pulito da bravo ragazzo, con espressioni anche da fanciullo qualche volta, Joseph Cotten è un po' Jennifer Jones al maschile: l'eroe romantico perfetto!
Anche se la prima volta che l'ho visto è stato nella parte tormentata di George Loomis in "Niagara". Ma... partiamo dal principio.


Joseph Cotten nasce a Petersburg, in Virginia, il 15 maggio 1905.
E si fa subito posto nelle celebrità con un film cult: "Angoscia" nel ruolo già dell'eroe con i panni di un detective di Scotland Yard, che deve salvare Paula Anton, con il volto della splendida Ingrid Bergman, dalle grinfie del marito Gregory (interpretato dall'aitante Charles Boyer) che cerca di farla impazzire.



Anche Joseph sembra impersonare bene l'inglese, nonostante sia americano e quindi gli assegnano il personaggio di Alan Quinton ne "Gli amanti del sogno", accanto ad un'altra splendida signora delle scene hollywoodiane, Jennifer Jones e con il prezioso cammeo di Gladys Cooper.



Attore con quell'elegante espressione da sbarbatello, ritorna in patria con una commedia, "La moglie celebre", al fianco di una spassosa Loretta Young e una meravigliosa Ethel Barrymore. Lui, politico e figlio di un senatore, assume una giovane e bella cameriera, piuttosto anticonformista, Caterina, di origini svedesi, interpretata dalla Young, la quale ha il "terribile vizio" di dire sempre ciò che pensa. E questo miracoloso dono della schiettezza fa sì che Caterina entri nel cuore di lui e nelle grazie della madre, la Barrymore. Facendo pure sì che l'opposizione la voglia come candidata al senato. E la politica non può nulla contro l'amore. Lui la sosterrà in tutto e per tutto.


Joseph ritorna ai film drammatici accanto alla bellissima Ginger Rogers e a Shirley Temple nell'inedita versione di adolescente, dato che siamo abituati a vederla bambina.
La pellicola è "Al tuo ritorno". Da qui si accenna già un ruolo con qualche punto oscuro, ossia un ex soldato tormentato dagli orripilanti ricordi di guerra, che gli causavano paralizzanti crisi di panico. Che l'incontro con Ginger Rogers, in licenza per le Feste natalizie a casa dei suoi zii (è stata arrestata per omicidio, anche se per legittima difesa), sembra fargli vedere la luce.



Non volendo smentirsi come eroe, è il protagonista accanto ad Alida Valli in un thriller machiavellico, ambientato nell'Austria sotto il dominio nazista intitolato "Il terzo uomo" con Orson Welles nella parte del malavitoso.



Interprete eclettico, ritrova Orson Welles nel filmone dello stesso regista "Quarto potere", che non posso dire essere tra i miei favoriti.
Preferisco Joseph in una commedia un po' agrodolce accanto a Joan Fontaine "Accadde in settembre". Lui, David, ingegnere e dirigente americano di una propria multinazionale, con un matrimonio divenuto ormai stanco, incontra lei, Mary Ann, popolare pianista inglese, in un viaggio di piacere a Napoli. Trovando sintonia, decidono di concedersi una gita fuori porta fino a Pompei, perdendo così, però, l'aereo per il rientro. E il destino li ha assistiti, perché l'aeroplano precipita prima che l'equipaggio potesse accorgersi della loro assenza. E, figurando nella lista passeggeri, vengono anche loro dati per morti.
Appena apprendono la notizia, David e Mary Ann stanno per mandare dei telegrammi, lui alla sua famiglia e lei al suo manager per rassicurare il tragico malinteso. Tuttavia, ci ripensano, capendo di amarsi e lasciano in una situazione e maniera quasi pirandelliana che tutti lì credano defunti. Per potersi creare una vita insieme, acquistando una bella villa alle porte di Firenze e con solo la maestra di piano di lei, che vive nel capoluogo toscano, a conoscere la verità. E sarà proprio quest'ultima a far capire a Mary Ann che non avrebbero potuto fare i fantasmi per sempre.
Specialmente a discapito del figlio, ormai grande e della moglie di lui (interpretata da  una giovane Jessica Tandy), che per caso Mary Ann conosce e appura essere una brava donna.


Così, a malincuore, fanno emergere la verità e lei rinuncia al suo amore, spiegando a David che potevano conservare la loro storia nel ricordo di un meraviglioso mese in Italia.
Film che, sotto alcuni aspetti, mi ricorda un po' "Intermezzo" con Leslie Howard e Ingrid Bergman.


Arriviamo quindi alla pellicola che mi ha "presentato" questo poliedrico interprete. Siamo in una sorta di giallo ambientato tra le più belle cascate del mondo e il titolo è, infatti, "Niagara". È un film inedito per determinati spunti. Joseph Cotten si macchia un po' nella sua armatura da eroe, nel ruolo del marito geloso, un certo George Loomis. Già piuttosto maturo. Tuttavia, non si può dargli troppo torto. Sua moglie Rose è interpretata dalla conturbante, biondissima e giovanissima Marilyn Monroe, anche lei nella novità di un ruolo da cattiva. Infatti, dà tutti i motivi, sapendo che lui ha qualche strascico mentale dopo la guerra e tradendolo spudoratamente con un aitante ragazzone. E non solo. Lei medita con costui di eliminare il povero George. In tutto questo, vengono coinvolti una giovane coppia di sposini in luna di miele. Soprattutto la sposina, Molly (interpretata dall'attrice Jean Peters, compagna per anni del regista Howard Hughes, la quale già con Cotten aveva lavorato in un thriller in bianco e nero, intitolato "Assassino premeditato" dov'era lei a fare la parte di una spietata ed efferata assassina). Qui, invece, la Peters è la coinvolta, purtroppo, perché è quella che scoprirà che Loomis in realtà la fa ai due amanti prima che loro due la facciano a lui! E che verrà, in un certo senso "rapita" involontariamente, da George quando questo cercherà di scappare con un barcone, essendo divenuto un latitante. Ma, avvicinandosi pericolosamente alle cascate, lui si riscatterà, salvando la vita alla giovane Molly, per la quale aveva sempre nutrito molta stima.


Attore riservato, vanta solo due mogli nella sua vita privata.







Apparendo sempre più sporadicamente, Joseph Cotten ci lascia il 6 febbraio del 1994. Pure quasi novantenne. Altra cosa in comune con Jennifer Jones. 



Uomo elegante, aspetto da signore e da bravo  e timido ragazzo, garbato, con all'occorrenza comicità o nevrosi, Joseph Cotten è stato forse sempre poco conosciuto, ma, come avete visto, ha un curriculum molto ricco.
E, detto da una che lo ha visto per primo nel suo ruolo più oscuro e poi con la scintillante armatura da giovane e bellissimo eroe, è un peccato che non sia conosciuto! Merita tantissimo! Perdersi oltretutto, almeno per un paio d'ore, nei suoi grandi, espressivi e gentili occhi blu.






giovedì 16 aprile 2020

Jennifer Jones

Jennifer Jones


Zigomi alti, grossi occhi neri, attrice dall'espressione sognatrice e romantica,  il suo viso è inconfondibile, malgrado fosse americana, ha dato il volto ha molte eroine inglesi. Forse per i suoi tratti classici come una damina uscita da una miniatura londinese. E adesso ve ne parlo.



Nata a Tulsa in Oklahoma, il 2 marzo 1919 come Phyllis Lee Isley, Jennifer Jones già giovanissima vince un Oscar come attrice protagonista per "S. Bernadette", accanto a Linda Darnell, che interpreta la Santa Vergine nelle Sue apparizioni alla giovinetta Soubirous.



Dopo un primo matrimonio con l'attore Robert Walker, diventa la moglie di uno dei più celebri produttori e registi di tutti i tempi: David O. Selznick.
E già con il film "La volpe" impersona un'eroina inglese di origini gitane, che sposa un pastore anglicano, ma senza amore.


Prosegue con le protagoniste britanniche nel film "Tra le tue braccia" nel ruolo della cameriera con la passione da stagnina Cluny Brown. Accanto a lei l'affascinante attore francese Charles Boyer e il buffo interprete inglese Richard Haydn.



Protagonista di uno dei più grandi cult strappalacrime come "L'amore è una cosa meravigliosa" accanto a William Holden! 



Spesso i suoi ruoli si dipingono in eroine sognatrici, buone e romantiche, spesso drammatiche come pure un cult: "Addio alle armi" dal romanzo di Hemingway, al fianco di Rock Hudson, che lei sa interpretare con bravura quasi commovente e disarmante credibilità! Come ne"Gli amanti del sogno" con Joseph Cotten, recitato ancora da giovanissima, sempre nei panni di un'eroina inglese, Victoria, chiamata Singleton. Ossia lei, che dal fronte riceve quelle che crede essere lettere d'amore del suo fidanzato Roger; quindi, se ne innamora sempre più, ma in realtà sono del suo commilitone, Alan Quinton (il bel Joseph Cotten), che, come un Cyrano le scrive in sua vece, perché Roger, oltre che essere negato, sembra anche piuttosto menefreghista.
Risultato, quando lui torna in Inghilterra, scopre non solo che il suo ex compagno d'armi ha sposato questa fantomatica Victoria, ma che è pure morto ucciso e pare che lei sia stata accusata dell'omicidio. Sentendosene responsabile per aver scritto quelle lettere "galeotte" alle nozze, Alan conosce ad una festa una certa Singleton. Giovane, bella e dolce e se ne innamora a prima vista. Ma scopre che lei altre non è che Victoria. Soltanto che lo shock della morte del marito le ha causato un'amnesia. E lei ricorda solo che il suo nome è Singleton, un nomignolo con cui la chiamavano in orfanotrofio. Prima di essere adottata da una zia Beatrice (interpretata dalla tanto austera quanto brava Gladys Cooper) che l'ha sempre adorata ed è l'unica a sapere ciò che è realmente accaduto, ma ha perso la parola sempre per lo shock. 
Ma Alan decide lo stesso di sposare Victoria e fare in modo che man mano riaffiori la verità, che sarà sorprendente come il fatto che Roger era un marito violento, ubriacone e traditore. E anche per lei lo scoprire chi era in realtà l'autore di quelle meravigliose lettere d'amore.




Mancata alla veneranda età di 90 anni! E per me lei ha il volto della mia poetessa preferita in uno dei film più romantici come: "Il grande amore di Elisabetta Barrett"(remake di una prima versione in bianco e nero con Norma Shearer e Charles Laughton), che narra la nascita dell' amore di questa splendida poetessa inglese per il suo collega e futuro marito Robert Browning, nato dapprima solo a livello epistolare, perché lei inferma a causa di febbri reumatiche e succube di un padre possessivo e morboso, tiranno e cattivo con tutti i suoi altri fratelli. Che la preferiva immobile in un letto piuttosto che lei sfuggisse alla sua egoistica tirannia! 




E di come l' amore di Robert le riporti la vita in tutti i sensi! Con la commovente simbiosi con il suo cocker spaniel Flush, effettivamente ritratto spesso nei quadri che immortalano la scrittrice. Virginia Woolf ne aveva scritto un libro, intitolato proprio "Flush", raccontando la vita della Barrett vista attraverso gli occhi del suo inseparabile cagnolino.




Jennifer, già non più giovanissima, dà ancora una volta prova del suo talento e della sua immedesimazione nel suo personaggio, quasi nel trasformarcisi!




"Stazione Termini" è un film interamente ambientato nella ferrovia Centrale romana e lei è accanto a Montgomery Clift e a Paolo Stoppa.


Come già anticipato, muore novantenne il 17 dicembre 2019.


Sguardo da sognatrice, dicono di lei che avesse un carattere fragile, ma forse questo le ha permesso di essere tanto empatica con quelle eroine di cui ha vestito i panni e che, molte volte, hanno sofferto. E Jennifer Jones aveva davvero il dono della trasformazione ed è per questo che rimarrà per me mitica!




mercoledì 15 aprile 2020

Kirk Douglas

Kirk Douglas



Aria un po' rude, ma fondamentalmente dal cuore tenero, Kirk Douglas è il primo centenario di questa mia walk of fame, che purtroppo poco tempo fa ci ha lasciati.



Di origine bielorussa, ma nato ad Amsterdam, non Olanda, ma nello Stato di New York, il 9 dicembre 1916, con il nome Iussur Danielovitch, da una famiglia ebraica, per diventare attore Iussur cambia la sua identità in Kirk Douglas.




Gli attribuiscono ruoli da bullo o da gangster, in un primo momento. Tipo "L'asso nella manica", di Billy Wilder, accanto a Jan Sterling, dove lui interpreta un giornalista senza scrupoli, che lascia morire un poveretto intrappolato in una miniera pur di far notizia, strumentalizzando il caso per far arrivare la gente a vedere questa famosa miniera, mentre sto poverino patisce le pene infernali, lì in trappola fino a morirne.
O accanto a Robert Mitchum e Jane Greer, dove interpreta un boss ne "Le catene della colpa". 


C'è anche il suo ruolo da boxeur ambizioso a livelli quasi spudorati ne "Il grande campione"; accanto a lui Arthur Kennedy in una delle sue poche parti da buono. Il fratello bravo e gentile che deve tenere a bada le manie di grandezza di Kirk.




Altra interpretazione da spudorato è ne "Il bruto e la bella", entrando nel ruolo di un regista cinico, Jonathan Shields, che non esita a usare il prossimo per i propri scopi e poi a buttarlo via quando non serviva più. E tre sono i personaggi che subiscono questo: il suo migliore amico, un talentuoso regista, interpretato dall'attore Barry Sullivan, al quale lui ruba l'idea di un film che gli spiana il successo. La seconda è la bellissima Lana Turner, che fa un'attrice di ruoli quasi da comparsa, anche se figlia d'arte, che ogni tanto alzava il gomito, che lui lancia nella fama, ma che seduce e abbandona. E il terzo è uno scrittore (l'attore Dick Powell), sposato con la classica moglie fatta su misura per quegli anni '50 (interpretata da Gloria Grahame). A questo  Kirk propone di trasformare un suo best seller in una sceneggiatura. Peccato che, appena vede che la giovane e bella moglie dello scrittore è motivo di continue distrazioni per il suo lavoro, il cinico regista fa in modo di buttarla tra le braccia di un aitante attore, causandone involontariamente la morte, durante una gita in aereoplano dove i due amanti rimangono uccisi.
Alla fine, abbandonato da tutti e trovandosi in serie difficoltà finanziarie, mentre gli altri tre hanno comunque avuto successo, Jonathan ha la sfacciataggine di chiedere loro aiuto. E ti lascia l'immaginazione se loro lo faranno o meno.



È perfetto per dare il volto al pittore impressionista Vincent Van Gogh, nel film biografico "Brama di vivere" diretto da Vincente Minnelli.



Inizia con i film a colori a riscattarsi, con già il ruolo di un martire come "Spartacus", di Kubrick, accanto a Peter Ustinov, Jane Simmons e Tony Curtis, dove tragicamente famosa è la scena finale in cui tutti si accusano di essere Spartacus e vengono crocifissi. E così la moglie col figlioletto e il loro fedele aiutante (Ustinov) percorrono questo terribile viale di croci e lei (la Simmons) getta l'ultimo sofferto sguardo a lui, crocifisso, che la osserva allontanarsi prima di spirare.
Ma con Stanley Kubrick aveva già lavorato in "Orizzonti di gloria".



Un altro kolossal per cui è passato alla storia è l'"Ulisse" nel ruolo del protagonista, con un cast internazionale che giunge in Italia tra Silvana Mangano nella doppia parte della moglie Penelope e la maga Circe. E Rossana Podestà nella parte della principessa Nausicaa.
Accanto poi ad Anthony Quinn in quello del capo dei Proci Antinoo.



Carattere deciso, non sempre andava d'accordo con i registi, essendo un uomo che sapeva ciò che voleva, forse per questo gli andavano bene determinate interpretazioni.



Nella vita privata ha saputo trasmettere la sua passione al figlio Michael, il quale, a sua volta, l'ha tramandata al rispettivo erede Joel.
E Kirk sa dare la sua impronta anche in un classico della Walt Disney, preso dal romanzo di Jules Verne: "Ventimila leghe sotto i mari", al fianco di James Mason e Peter Lorre. Ed è tenera ed esilarante la sua amicizia con una simpaticissima foca. Dove lui suona e lei canta.



La parte anche del romantico trapezista francese Pierre Duvall nel terzo cortometraggio "Equilibrio" in un film fatto di tre racconti, chiamato "Storia di tre amori", accanto ad Anna Maria Pierangeli (la quale rassomiglia molto ad Alessandra Mastronardi). Dove lui, trapezista caduto in disgrazia dopo un incidente che ha causato la morte della sua partner, ritrovandosi a fare il meccanico di biciclette a Parigi, salva una ragazza italiana, Nina, quando questa cerca di suicidarsi gettandosi nella Senna. Pure Nina ha un dolore da dimenticare, la perdita del marito in un campo di concentramento e sembra non avere nulla da perdere. Per questo Pierre le propone di diventare la sua nuova partner di trapezio, insegnandole tutti i trucchi del mestiere, perché lui ha bisogno di riscattarsi agli occhi del mondo che lo reputa in un certo modo responsabile della morte della precedente compagna d'arte circense. Ma è qui che scocca l'amore.



I western, però, fanno parte dei successi di Kirk. Quanti ne abbiamo visti con mio padre. Da "Sfida all'O.K. Corral" dove lui interpreta Doc Holliday, amico realmente esistito dello storico sceriffo Wyatt Earp, qui con il volto di Burt Lancaster. E Douglas è doppiato in questa pellicola dall'attore Paolo Stoppa. Racconta un fatto davvero accaduto di una famosa sfida nel West tra i fratelli Earp, con l'aiuto del dentista ormai più giocatore incallito Holliday e dei fratelli fuorilegge.



A "Il giorno della vendetta", al fianco di nuovo di Anthony Quinn. Kirk è uno sceriffo a cui violentano e uccidono la moglie indiana pellerossa, con il figlioletto che assiste a tutto.
Il responsabile è il figlio di un suo vecchio amico, un proprietario terriero, diventato una sorta di boss (Quinn). Ma lo sceriffo non si lascia offuscare dall'amicizia, una volta che poi vede che questo difende il figlio. Così rapisce quest'ultimo, tenendolo in ostaggio nella camera di un albergo, per portarselo in prigione col primo treno e farlo impiccare. Una lotta tra due giganti e di nervi per tutto il film che coinvolgerà un po' tutto il paese.



Continua a lavorare a molti altri western,  uno, "Il cacciatore di indiani" al fianco della quarta partner italiana, Elsa Martinelli (che si dice sia stata scoperta da Kirk e fu la sua musa) nel ruolo di una pellerossa di cui lui s'innamora e al fianco di Walter Matthau, eccezionalmente in una parte da cattivo; e pure in uno buffo accanto ad Arnold Schwarzenegger ed Ann Magret, " Jack Del Cactus".



Per poi arrivare a "Caro zio Joe", con il mitico Michel J. Fox. Dove interpreta un vecchio ricco zio del nostro Michael, che si finge paraplegico e moribondo per vedere chi, tra tutti i suoi parenti sciacalli, gli vuole davvero bene.
Prende parte ad un episodio de "Il tocco di un angelo" dove evidenzia la sua origine ebraica, col titolo "Bar mitzvah" accanto a John Dye, Roma Downey e Della Reese.



Non si dà sosta fino alla fine.
La nuora, la bella attrice gallese Catherine Zeta Jones, gli organizza una mega festa per i suoi 100 anni.
Ma due mesi fa circa, centotreenne, il suo cuore combattente da leone si ferma.
Suo figlio, Michael Douglas, dice:- Voglio che mio padre sappia quanto fossi fiero di essere suo figlio!-


Amante dell'Italia, lui ci adorava, non per niente le sue due partner preferite sono state due attrici italiane, la Pierangeli e la Martinelli, questo attore si è distinto per aver rotto gli schemi ed aver dato alla settima arte quella sana "rudezza gentile", da eroe a furfante, da buono a cinico. Ma nella vita aveva detto qualcosa che mi aveva fatto capire perché la gente gli voleva bene, ossia che un uomo è tale se non fa del male, ma sa donare.
Io sono grata a Kirk Douglas che mi ha permesso di potermi godere tanti western con mio padre e credo che da Lassù lui possa essere soddisfatto di ciò che ha lasciato dietro di sé.